It must be an awareness: image is word. Image must be culture.
Deve essere una presa di coscienza: l'immagine è parola. L'immagine deve essere cultura.
Artist Statement
Images and words are the perception through which we all decipher and experience reality by managing our emotions and the meaning of events. My photography pursues the word because the word is image. This connection leads me to explore the mutual influence between photographic language and poetic language. The idea of photographing words inevitably translates into the subconscious becoming a visual experience and in my work this shifts with the consciousness of photographic time where the final rendering is intended to be visual literature, the poetic image. The choice of shooting in black and white together with the use of long exposure (Creative Blur, Intentional Camera Movement) is a meditated but also instinctive and necessary choice in this area of my research precisely because of the awareness of its semantic meaning. The historical reference is the Movementist Photography of the early 1900s (A.G. Bragaglia) and the photographers M. Giacomelli, G. Bucci, F. Woodmann and A. Titarenko. This way of shooting helps me to break down, to dissect the mood and the root of people and things around me. This type of photography transfigures the vision of reality, the image is as if dematerialised, fragmented, but at the same time it is recomposed into a new meaning that becomes words. From the oblivion of time I tear fragments of life to represent them, yes in reality, in space, but above all in their possibility of being. All my work is always aimed at studying the turmoil of the human soul in the face of existence and the urgency to fill the black holes we leave behind. The procedure, the constant trend, is above all a recurring attitude, namely the obsession with time.
Immagini e parole sono la percezione attraverso cui tutti noi decifriamo e sperimentiamo la realtà gestendo le nostre emozioni e il significato degli eventi. La mia fotografia insegue la parola perché la parola è immagine. Questa connessione mi porta ad esplorare la reciproca influenza tra linguaggio fotografico e linguaggio poetico. L’idea di fotografare parole si traduce inevitabilmente nel subconscio che diventa esperienza visiva e nel mio lavoro questo si sposta con la coscienza del tempo fotografico dove la resa finale vuole essere letteratura visiva, l’immagine poetica. La scelta di scattare in bianco e nero insieme all’uso dell’esposizione lunga (il mosso creativo nelle sue diverse declinazioni: Blur, Intentional Camera Movement) è una scelta meditata ma anche istintiva e necessaria in questo ambito della mia ricerca proprio per la consapevolezza del suo significato semantico. Il riferimento storico è la Fotografia Movimentista dei primi anni del ‘900 (A.G. Bragaglia) e il lavoro dei fotografi M. Giacomelli, G. Bucci, F. Woodmann e A. Titarenko. Questa modalità di ripresa mi aiuta a scomporre, a sezionare l’umore e la radice delle persone e delle cose che mi stanno intorno. Questo tipo di fotografia trasfigura la visione della realtà, l’immagine è come dematerializzata, frammentata ma allo stesso tempo si ricompone in un nuovo significato che si fa parola. Dall’oblio del tempo strappo frammenti di vita per rappresentarli, sì nel reale, nello spazio ma soprattutto nella loro possibilità di essere. Tutto il mio lavoro è sempre teso allo studio dei turbamenti dell'animo umano di fronte all'esistenza e all'urgenza di riempire i buchi neri che ci lasciamo alle spalle. La procedura, l'andamento costante, è soprattutto un atteggiamento ricorrente ossia l'ossessione del tempo.