EMME DIVI
11-21
procedure ermetiche, come quaderni di un mammifero.
11-21 è una grande immersione ma anche un leggendario distacco, per ogni capitolo ho scelto la parola più eletta ad un elogio visivo della sensibilità e così tra le mani trovo: assenza, nudo, solìvago, nericare e New Wave. Il ponte invisibile dell’ispirazione è la musica, appartengo a quella generazione influenzata dalla scena New Wave e dal movimento Dark. Concretamente è la macchina fotografica con la possibilità di gestire il tempo di scatto che mi lascia le tracce da raccogliere. Il perché, poi, è un grande sorriso che veste l’ombra della mia attitudine.
Questa storia fotografica in cinque capitoli racchiude tutta la mia passione per la poesia ermetica, soprattutto G. Ungaretti. Sono ritratti alla ricerca della loro originalità che si esprime nell’equilibrio tra l’ossessione e la calma, tra la forza e la debolezza, tra la decomposizione e l’entusiasmo.
Questi ritratti nella loro poetica oscura hanno il potere di chiarire l’esistenza perché da uno stato soggettivo si vogliono aprire ad uno stato universale e tutti, in qualche modo, dobbiamo riempire l’esistenza che ci lasciamo alle spalle. Lo scopo più grande di queste mie fotografie è rendere visibile l’invisibile perché il tempo di scatto fotografico che uso sfugge all’ordinario, al canonico preciso, per ritrovarsi in uno spazio|mondo che altrimenti non saremmo in grado di vedere. La fotocamera esplora con occhio pittorico figure femminili, corpi e simboli che colpiscono i sensi e la fantasia. E in fondo cos’è il ritratto se non il lasciare? Fotografo per rappresentare, mostro visivamente con segni sensibili, trasfiguro in immaginazione, in fantasia di valore universale il mondo delle esperienze e delle sensazioni.
Opere selezionate dal capitolo I L'assenza è
L’assenza è. Il comportamento di questa frase è volutamente ossimorico. L’assenza è il vuoto che addolora e che ci fa paura, un’ossessione che ci attanaglia (spesso inconscia), ma non ci si può sottrarre dall’essere assenza che attraverso la percezione dei sentimenti si fa presenza. Ci amiamo proprio perché siamo esseri mancanti che aspirano al desiderio di essere (completi, compiuti). Così affido alla sequenza (anaforica) di questi ritratti concettuali il tentativo di risolvere il caos. Figure femminili anonime e non congestionate dalla presenza si muovono non si sa verso quale meta interiore o identità, ma lontano dal concetto odierno di individuo, alienato e vittima del proprio io.
Balza l’assenza l’invisibile aria,
Vuoto chiaro di presenza il respiro sente.
La luce pone in capo al mentre,
Sequenza di poi,
Una corsa fantasma
Nella sua massima gravità esistenziale.
Opere selezionate dal capitolo II Nudo in verso
Osservo la figura umana, nella sua nudità, che si frammenta e si dilata nel movimento e nel gesto ripresi attraverso una sequenza narrativa. È un corpo per-sé che si vuole in-sé spogliandosi della forma. Ma resterà sempre il corpo che vive come espressione di un insieme che vive evolvendosi come scrigno di memorie, nella voce umida delle stagioni, nei semi smarriti o mai trovati, nell’acqua bianca o tetra degli eventi.
Sfumi d’inquietudine, celle sparse, grigi ghiacci
Tremiti segreti tenuti all’ancora
Di fiamme soffocate
O l’orrore del vuoto, vertigine
Dell’anima rumorosa
Placabile in esuli carezze
- L’abbaglio di un sogno
Sabbia nel vuoto reale, non ricordi?
E il reclino, che si apriva
All’unico orizzonte del sono,
Capo dell’impressione, in fresche
Bocche fragili d’immense radici,
-Non lo ricordi sopra il fumo
Delle forme
Il sapore magico apparso?
Ramo su ramo
Salendo l’aria immota
Di un fondo musico
Correre di danza
Come ali
Lievi di stupore al vento,
Nessuno mai
Vide in volo
I lievi piedi